domenica 24 aprile 2011

N ... NUDITÀ

IL NUDO MESSO A NUDO








E’ bello 
quando trovi un anima
con la quale
riesci a spogliarti l’anima
senza per forza
dover toglierti
i vestiti dal corpo










   LA PROFONDITA’ DELLA PELLE NUDA
   Poche tematiche sono così difficile da trattare sia nella sua profondità sia nella sua delicatezza come la nudità, perchè il nudo sembra nella nostra dimensione fisica la realtà più immediata del corpo, quindi la pelle, la superficie … come approfondire questa superficie sottile senza infrangerla? Come attraversare questa pelle sottile senza romperla? 


   
   Credo che fino ad un certo punto ci si possa ragionare ma riflettere sulla nudità del corpo e dell‘anima diventa ad un certo punto inutile, perchè lo stupore del corpo nella sua nudità suscita una sensazione di pienezza che è meglio non cercare di cogliere quanto piuttosto cercare di lasciarsi prendere e perdersi in essa, ecco perché non seguirò un filo conduttore, ma butterò di getto i pensieri nati appunto da queste sensazioni.






   IL SACRO E’ NUDO




   Nell’antichità si usava coprire tutto quello che fosse sacro con un velo sottile e trasparente, anche Mosè folgorato dalla presenza di Dio si coprì il volto, perché il corpo è velo sull’anima, questo coprire era un atto simbolico che rammentava l’ambiguità del mistero: si svela e si rivela senza scoprirsi, si copre ma s’intravede, si presenta nel nascondimento. Questo gioco è anche il fondamento della seduzione, dell’erotismo, della sensualità, del fascino immaginario che suscita un corpo che si scopre fino a certi limiti e fa immaginare il resto, perché la religione come l’amore ha una grande dose di fantasia, come l’arte che non esisterebbe senza l’immaginazione che viene sollecitata da una realtà velata ma concreta; le donne sono artiste in questo campo, per cui minigonne e scollature non dovrebbero essere catalogate soltanto come atti alla ricerca di oscenità, ma rammentano sul corpo una decorazione sacra, peccato che la moda sia soltanto mondana, perché punta sul commercio e la vendita e non sulla bellezza del corpo come vuol far credere. 




   Se il sacro è una dimensione nuda, cioè trasparente, giace qui la difficoltà di poterlo vedere, soltanto un occhio puro, quindi nudo, sa riconoscere il sacro, il trasparente, l‘invisibile.


   Per toccare un corpo dovremmo sentire la stessa strana e profonda impressione che si sente quando si toccano le cose sacre, un senso di stupore, una sensazione di grandezza che ti ingolfa dal di dentro, altrimenti chi non sente questo non sta veramente toccando un corpo ma un oggetto qualunque. 


     “Sono un artista, e dunque vi offro la mia carne e il mio sangue, il mio cuore e i più intimi pensieri. Vengo nudo davanti a voi, mi svelo non importa se buono o malvagio”


   Faccio mie queste parole d’Emile Zola all’iniziare le mie riflessioni sull’opera che da anni ho intrapreso nel mondo, anzi, universo della nudità.




   IL CORPO COME SOGGETTO ARTISTICO






   Il messaggio delle mie considerazioni gira intorno al corpo umano, in modo particolare al nudo femminile, e la mia riflessione mi mette nudo davanti ai miei ascoltatori. Perché il nudo? Perché prettamente femminile e non maschile? Le ragioni sono varie, ma non posso negare d’essere figlio del mio tempo, un tempo in cui il corpo, cantante vittorioso di una sublime emancipazione, non riesce a godersi la libertà tanto duramente pagata con l’infrangersi d’ogni tabù, donde la donna passa ad essere il più delle volte protagonista indiscussa della bellezza, ma comunque anche in questo senso la società femminile chiede la sua parte, donde foto anche di nudo maschile , porno fatto di donne per donne, spogliarellisti maschili per donne.... una giusta tendenza che cerca di bilanciare anche la nudità maschile a favore delle donne. 










   Innanzitutto penso che  il tabù imprigionava il corpo nei vestiti, liberatosi il corpo dai vestiti, pare siamo rimasti prigionieri della nudità. Oggi il corpo è vetrina, spogliarlo è requisito indispensabile per apparire in alto al successo, la fama, lo spettacolo, un biglietto da visita che apre tante porte (e gambe). Per questo il nudo nell’arte non dovrebbe cadere nello schema superficiale d’usare il corpo con la malizia commerciale di attrarre gli amanti dei dipinti con l’esca d’una morbida eppure forbita morbosità pornografica. Il nudo è attraente per natura perché ognuno di noi ci si rispecchia, ha una forza magnetica, un’attrazione che può essere fatale o salvatrice. Io uso molto il nudo anche nel mio blog, un nudo studiato voluto consapevole per colpire infastidire scandalizzare... se ciò non avviene vuol dire che dentro di voi non c'è nulla da liberare, se vi turbate allora il vostro stesso turbamento vi mette all'erta su un vostro limite (non mio di certo)... l'anima libera non si turba mai!. 






   ALLA RICERCA NUDA DELLA NUDITA’ PERDUTA




   La nudità ( se analizzata sotto un punto di vista biblico, ma riletta in chiave psicanalitica) è segno di debolezza dopo il peccato, l’uomo si ritrova scoperto, perso, vulnerabile. In altre parole, possiamo affermare che la sua coscienza si trova all'aperto, scoperta. La nudità biblica è simbolica. Dio ne prova pietà e veste l’uomo delicatamente con tuniche di pelle. Vale a dire, Dio rispetta la nostra riservatezza, nessuno può leggere il nostro pensiero, esso è ricoperto con la pelle della nostra riservatezza; la nostra coscienza è fragile e delicata, ma protetta. Il coprirci il corpo è un segno di questa possibilità di difendere e nascondere la nostra coscienza di fronte agli altri.




   Avete mai visto un corpo nudo di una persona anziana? Ci vuol non solo coraggio ma tanto amore, soltanto uno sguardo pieno di bellezza sa comprendere la decadenza umana, per questo i vestiti non sono sempre segno negativo di repressione e nascondimento, ma anche di riservatezza e decenza. Il potere che ha l’indumento sul corpo è il fatto che lo avvolge, lo contiene, quasi come una seconda pelle, se la moda puntasse più sull’arte del bello sul fisico che sul prezzo del commercio, il gioco della seduzione nel vestirsi riacquisterebbe la sua dimensione sacra, liberandosi appunto da quella profana della semplice apparenza.


   Così come noi non ci spogliamo davanti a tutti, così anche non apriamo a tutti il nostro cuore, dunque, nel nudo artistico trovo un mezzo per aprire la coscienza, tanto la mia quanto quella del mondo che mi circonda e mi si rivela, perciò nelle mie riflessioni non mancano reticenze, confessioni di desideri che logorano, che torturano, sottintesi piccanti, vertigini che  opprimono, tentazioni, sublimi follie degli abissi paurosi della passione umana e disumana. 




   Giace qui il terribile contrasto tra la verità che voglio rivelare e la falsità che il disegno nudo non vuole nascondere, tra la purezza dei corpi che metto nei post e la corruzione del contesto in cui la società speso li inquadra, tra la gioia che si sprigiona nelle armonie del corpo nudo e il dolore che tali corpi subiscono quando vengono viste soltanto come oggetti. Purtroppo nella nudità si rammentano atteggiamenti intimi, talvolta che sfiorano l’osceno, ma rivelano anche cosa abbiamo noi dentro quando li guardiamo.


  Il nudo è un mezzo per riappropriarci di quella mancanza di vergogna paradisiaca che è divina.  Ricordiamo il racconto biblico del paradiso dell'Eden ... 


   Adamo ed Eva nell’Eden godevano di questa trasparenza corporea che è la nudità, simbolo di quella psichica e spirituale. Trasparenza che il peccato venne a ricoprire con mille foglie di fico, cioè: traumi, fobie, tabù, inibizioni, nevrosi, morbosità, puritanesimi, bugie ed ipocrisie,  steccati morali e falsi pudori ... sono tutte foglie di fico. Se il Cristo è l’immagine del Nuovo Adamo, non ho mai capito perché viene rappresentato sempre avvolto di mille stracci e tuniche. I Cristi nudi dei grandi artisti sono stati sempre messi al bando e nascosti come prigionieri. Il nudo è libertà, il Cristo risorto non si portò appresso nemmeno le bende, sono rimaste piegate nella sepoltura, quindi quello è un simbolo: Dio è nudo, Cristo è andata NUDO in cielo. 
   Tutti i Cristi che vediamo “normalmente” sono come Adamo dopo il peccato originale: avvolto di  foglie di fico, anche se appaiono tuniche o drappeggi sono fatti con foglie di fico. Questo sta a dimostrare quante dottrine, pensieri, sentimenti puramente umani avvolgono volgarmente il Cristo nudo. 






   Tutto quello che è sublime è nudo, cioè non coperto … Dio, la morte, l’anima, l’amore, il neonato, l’arte, la natura, manca soltanto il corpo.




   LE VESTI DELLA NUDITÀ


   Il nudo, sempre alla ricerca di riparo, di nascondersi, di coprirsi, è segno dell’intimità ferità dal peccato (o chiamiamolo da un male evidente, visto che oggi la parola peccato ha un sapore di catechismo intimidatorio). La figura dell’Eden, proiezione celeste, ci presenta tutti nudi ed insieme. Tale impostazione non è priva di contrasto tra piacere ed imbarazzo, gioia ed incomodità.    


   Essere nudo significa essere sinceri davanti all’altro, ma in una società odierna, dove regna la chiusura individuale, la copertura del corpo fa parte della decenza, del decoro, della pulizia, del buon senso, dell’ordine; perciò, mettere in mostra una parte del corpo o, ancor di più, un rapporto intimo del corpo (come un amplesso sessuale) è considerato un atto immorale e peccaminoso. 


   Noi invece dovremmo fare l’esperienza contraria a quella d’Adamo ed Eva dopo il peccato: “Dovremmo vergognaci di essere vestiti”, poiché il vestirsi è una conseguenza del peccato, mentre oggi lo spogliarsi è un atto peccaminoso. Immorale non è tanto vedere una persona nuda, quanto non accettare con umiltà che noi non siamo all’altezza di vivere la nostra nudità senza vergogna, come tanti altri, quindi non siamo all'altezza di guardare quella persona nuda senza morbosità. Più facile tacciare gli altri d’immorali piuttosto che riconoscere che noi non siamo capaci di vivere la nudità naturale in maniera morale. 
   Con ciò non voglio assolutamente affermare che tutti coloro che commerciano con il loro corpo (prostitute, attori pornografici, modelle, soubrette, esibizionisti, ecc.) non abbiano delle inclinazioni storte o immorali, ma voglio mettere soprattutto in risalto il fatto che nel più profondo di queste manifestazioni impudiche c’è un desiderio e un moto di purezza, di libertà e di trasparenza veritiera, appunto poiché tende alla trasparenza, cioè alla naturalità dell’essere, all’apertura, al presentarsi nella debolezza e nell’indifesa. 
   
   Preferisco la cruda crudele nudità odierna che i vestiti a mongolfiera dell’era vittoriana. Soltanto uno sguardo innocente, come quello di Dio, coglie nel fango di queste nudità oscene la perla splendida dell’anima innocente desiderosa di verità (solo Gesù vide una santa nella Maddalena!).... anche un angelo sa spogliarsi delle sue ali... Quindi, i miei nudi sono manifestazioni SPIRITUALI di un’esperienza di sete d’innocenza di grida di dolore che cercano la comprensione nonché il perdono, d’incentivi per scuotere il torpore degli schiavi della vergognosa sensazione di fronte al nudo.


   Un piccolo passo è stato fatto anche se storto, ma i bambini imparano a camminare proprio a passi stenti e storti, il problema sarebbe soffermarci lì, in quella nudità cruda senza farla maturare, allora purtroppo avremo spogliato soltanto il corpo ma ricoperto sempre di più l’anima. Dobbiamo anche liberare e spogliare lo spirito, ma è difficile per una mentalità occidentale permeata di una concezione dove l’anima è senza corpo, eterea, angelica. 




   IL CORPO CUCITURA DELLE VESTI DELL’ANIMA


   Senza il corpo l’anima è rotta, dispersa, scucita, campata in aria cioè irreale come la descrivono molte religioni. Senza l’anima il corpo è vuoto, animalesco, buttato allo sbaraglio del caso e del caos, come la vita predicata dal consumismo odierno. Corpo ed anima sono una sintesi, sono una sola realtà che non si possono scindere nella realtà, costituiscono l’IO di un individuo, e finché la persona non abbia un rapporto equilibrato con ognuno dei due componenti non potrà mai avere una visione ed una concezione serena della vita della persona e della realtà vivente.
   Non si può guardare l’anima senza il corpo, come non si può guardar il corpo senza l’anima. Dio s’accorse di questa aberrazione mentale, spesso presente in molte religioni, non assente persino in una corrente cristiana spiritualistica; per questo Dio divenne Carne, corpo, nato nudo, morto nudo e risorto nudo. 


   Chi guarda l’anima senza il corpo misconosce se stesso, poiché noi viviamo in un corpo e SIAMO CORPO, e finisce per essere preda delle tensioni del corpo: ira, isolamento, scontrosità, rigidità, false ispirazioni mistiche, ostentazione di una pietà arida, ecc. 
   Chi guarda invece il corpo senza l’anima misconosce ugualmente se stesso, poiché noi viviamo nell’anima e SIAMO ANIMA, e finisce per essere preda delle tensioni dell’anima: superficialità, spensieratezza, bisogno disperato di movimento di rumore di comunicazione di contatto fisico, libertinaggio, vizi, ecc.
   Oggi sono molto presenti nelle masse i disturbi fisici che dimostrano come le persone non sono in pace con il loro corpo: anoressia, bulimia, mania eccessiva della bellezza, dei trucchi, delle palestre, le diete, liposuzione ed altre chirurgie plastiche per rifare e cambiare labbra, seni, glutei e chi più ne ha più ne metta. 




   Era da aspettarci che da un opposto si passasse all’altro: da una vita incentrata sulla cura dell’anima (come avvenuta nel medioevo cristiano) si è passati ad una vita incentrata sulla cura del mero corpo, ma nessuna delle due impostazione ha un centro stabile. Il corpo nel medioevo era visto come un nemico dell’anima, da trascurare, da sottomettere al sacrificio, se possibile da buttarlo al martirio, oggi è l’opposto, il corpo è divino, da adorare, da curare, abbellire, profumare, tonificare e via dicendo. Il digiuno era un atto eroico spirituale che pian piano è diventato la dieta eroica per mantenere la linea estetica. E’ stato fatto un salto mortale tra ciò che è spirituale e ciò che è estetico senza un collegamento dovuto tra queste due dimensioni ed ecco il vuoto di sensatezza che oggi ci manca: la bellezza e la dolcezza, nonché la serenità, di fronte alla nudità.






   L’ELEGANZA DELLA NUDITÀ


   La figura nuda è la sola capace di trasmettere a perfezioni valori tattili e in modo speciale di movimento. Innanzitutto perché sappiamo che oltre il corpo c’è un’anima sensibile, un ente razionale e sentimentale, un essere vivo che ti si rapporta e t’interpella, un entità che non si può cogliere nemmeno avendo in mano la nudità che la ricopre, ecco il perché la nudità non è altro nel corpo che una soglia di un vuoto infinito che pur riempi i nostri abissi di sensibilità. 
   La trasparenza che trapela sotto la pelle di un corpo nudo ci sommerge sempre di una misteriosa dolcezza, poiché il corpo è ricettore, capace d’instaurare dialogo, di suscitare attenzione anche nel suo silenzio. 


   Ecco il perché spesso non ci accorgiamo che il nudo che guardiamo si mette nella pelle di chi li guarda e spero che voi vi mettiate nei loro panni. Soltanto così, con l’empatia piena, riuscirete a comprendere il messaggio del nudo, perché la nudità come la conoscenza della mente è nel corpo un rapporto interpersonale, cioè se non potremo mai vivere nudi davanti ad un altro non sapremo mai cosa significa lo stupore della pelle, il sapore del vuoto; il saper vivere e stare nudi, come avviene tra marito e moglie, è un esercizio quotidiano di trasparenza di sincerità di liberazione oltre che d'intimità. 


   Anche a livello razionale è molto difficile approfondire l’entità corporea, sia perché abbiamo la tendenza a credere che sia la nostra mente a sovrastare il corpo, per cui la ragione ne perde di vista la grandezza oggettiva del corpo in cui vive sentendosi come padrona e avendo il corpo come ospite, sia perché la ragione dovrebbe in qualche modo vedersi nel corpo di un altro, appunto per rendersi oggettiva, per comprendere la bellezza della propria nudità fisica lasciandosi ingolfare della presenza nuda dell’altro. Lo sa bene chi ha avuto l’esperienza di denudarsi davanti ad un altro e rimanervi insieme a guardarsi, ciò avviene spesso quando due persone sono nell’intimità, quindi il sesso non è solo il mischiarsi di corpi ma l'accarezzarsi di due anime e ahimé il più delle volte queste anime se non vivono in pienezza il corpo non fanno altro che strusciarsi senza accarezzarsi.






   LA NUDITA’ FEMMINILE … POTENTE FRAGILITÀ




   La natura ha dotato il corpo della donna di una potenza straordinaria, di fronte alla quale tutto è piegabile e docile. Alcuni pensano che questa potenza le sia stata data per difendere la sua debolezza, ma io credo il contrario: le è stata data proprio la debolezza per mimetizzare, nascondere e proteggere in essa la sua potenzialità divina. 
   Ecco come la donna ci appare di solito nel suo totale abbandono, poiché l’abbandono è il carattere essenziale del corpo femminile, è l’unica cosa che lei possiede, ma l’unica cosa attraverso la quale poi alla fine lei riacquista e conquista tutto, perché tutto il creato tende ad abbandonarsi ad una femminilità che prende le forme più complesse e svariate: la passività della pace, la quiete della tranquillità, la gioia della felicità, la pienezza dell‘accoglienza, la bellezza della natura … sono tutte dimensioni che hanno un’essenza femminile, una reminiscenza materna, direi quasi uterina, è l'essenza del nudo femminile.


   Il corpo della donna ha in sé una sensazione di più movimento, donde le forme molto più ondulate e sinuose rispetto al corpo maschile, ma contrasta un tale movimento con la sensazione di passività e dolcezza che trapela dalla sua debolezza. Di fatto la pelle della donna è molto più morbida e sottile rispetto a quella dell’uomo. 
   Queste suddette ragione siano sufficienti a comprendere il perché non posso trovare un altro mezzo più adatto del corpo umano per esprimere diverse realtà: primo, il messaggio esistenzialista di un dolore; secondo, il vuoto di un mondo pieno di meraviglie senza senso; terzo e ultimo,  il messaggio di una speranza esistente. 




   LO SGUARDO SPOGLIO DELL’ARTISTA


   L’artista è un artefici, è l’alchimista dell’assoluto, è colui che trae la soluzione da un enigma, anche se la soluzione è tangibile spesso soltanto al suo spirito, ragione per cui l‘artista stesso si sente enigma per se stesso e ancor di più non di rado per gli altri; alla sua intuizione è enigmatica, donde l’incomprensione abituale nella quale vivono gli artisti. L’artista lavora su ciò che la mente rifiuta o percepisce come assurdo: morte, dolore, passioni incontrollate, desideri reali filtrati attraverso l’assurdità della stessa realtà in cui si vive; allora l’artista, come l’alchimista, ha bisogno di trasformare questi enigmi in una soluzione esistenziale, fa degli escrementi del pensiero (le cose assurde della vita) un concime per la verità che cerca e anela. L’arte è ossigeno per la sua anima soffocata dall’intuizione , è sfogo, è trasfusione di sangue per la mente e la sensibilità. 


   L’artista è un essere ferito, nell’anima veramente è nudo, spoglio, si sente un po’ come una piaga nella pelle dell’esistenza, nessun altro come l’artista, il santo, il pazzo e l’innamorato deluso, sanno cogliere il dolore della natura, la speranza dell‘essere, la disperazione del fato. La speranza che esista un qualcosa o Qualcuno di assoluto, è lo stato d’animo dell’artista, è la molla che fa battere il suo cuore, mentre l’ansietà, e non la speranza, che esista o capiti qualcosa di assoluto, è lo stato d’animo dell’uomo comune, smarrito nella parvenza senza estetica, in un mondo senz’arte né parte. 


   L’arte è un modo di guardare da fuori il dentro, ma nello stesso tempo è un modo di sentirsi guardato dentro dal di fuori. In questo doppio gioco di sguardi, direi quasi schizofrenico, l’artista si gioca sempre la sua sensibilità e comprensione altrui … l’artista, come Dio, allora sa con certezza che non sarà mai capito fino in fondo, donde la sua classica nostalgia per un ignoto a lui solo conosciuto. In questo senso l’arte è il desiderio d’incontrare il nemico esistenziale, un nemico che per l’artista non incute paura alcuna ma soltanto un senso di tristezza strana. Questa tristezza è il peso che blocca il tempo, la vita, l’esistenza dell’artista, aprendolo verso l’infinito. L’arte è una nostalgia postuma, è il bisbiglio del tutto che non dice niente, perché di fronte al silenzio delle immagini, le parole sono solo rumore, simili ai balbettii; il colore nell’arte è un ombra luminosa, le forme traspirano sempre l’assoluto informe all’occhio interiore … L’artista vive nel bilico del paradigma.

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